
Abilitazione insegnamento all’estero, conviene farla e come si acquisisce?
È giusto pensare che il mondo ormai è diventato multidisciplinare, multietnico, multiculturale, per cui dobbiamo entrare nell’ordine di idee che una nazione sta stretta, specialmente quando si fa difficoltà a trovare posti di lavoro.
Così succede sempre più spesso che dall’Africa e dal Medio Oriente vengano da noi, per cercare condizioni di vita migliori. E succede che anche noi, specialmente se giovani, siamo soliti guardare con maggiore interesse anche alle opportunità di lavoro offerte all’estero. Peraltro è vero che, in termini assoluti, la gente preferisce stare nel proprio Paese; ma è altrettanto vero che è pieno di gente cui piace fare esperienze nuove, viaggiare, incontrare culture diverse, misurarsi col nuovo e col diverso, specialmente poi se gli stipendi sono più alti.
Abilitazione insegnamento all’estero, come acquisirla
Se vogliamo insegnare in Francia, in Inghilterra, in Spagna, a parte poi tutte queste considerazioni, diciamo che da qualche lustro a questa parte le condizioni logistiche sono completamente cambiate. In altri termini, è difficile dire che si fa un salto nel buio. Intanto i costi dei trasporti si sono abbattuti in maniera esponenziale. Se solo pensiamo che, prenotando un biglietto aereo con congruo anticipo, possiamo girare andata e ritorno mezza Europa con una cinquantina di euro o giù di lì, capiamo che molto è cambiato.
Prima l’aereo era proibitivo: si girava quasi esclusivamente con macchina e treno. Adesso in un paio di ore arriviamo pressoché dappertutto nel nostro Continente. Mettiamo che vogliamo ottenere l’abilitazione insegnamento all’estero; a Madrid, per esempio. In un paio di ore siamo lì, arriviamo all’aeroporto, accendiamo lo smartphone e siamo collegati con la famiglia, con la fidanzata, con gli amici.
Le tariffe sono pressoché le stesse per le chiamate telefoniche, e possiamo utilizzare Skype. Possiamo vederci in diretta con zia, con nonna e col fratello o la sorella. Vogliamo fare un bonifico da Madrid? Abbiamo l’applicazione della banca che ci consente di farlo. Dobbiamo mandare velocemente un documento a casa? Facciamo la scansione sempre con lo smartphone, lo alleghiamo alla mail e il gioco è fatto. Insomma, la lontananza da affetti e abitudini nei giorni nostri non è poi così terribile: con la tecnologia moderna, e soprattutto l’informatica, si può fare tutto o quasi. Perciò il problema vero è capire come si fa per insegnare all’estero, posto che magari qui non abbiamo trovato la maniera di far valere i nostri studi, o semplicemente vogliamo fare un’esperienza all’estero.
Terminato il percorso abilitante, lo studente deve avviare la richiesta per il riconoscimento in Italia per esercitare la professione ed entrare nelle graduatorie. La ratifica per l’insegnamento all’estero va chiesta al MIUR, Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e l’Autonomia Scolastica. Il riconoscimento può riguardare titoli conseguiti sia nei Paesi dell’Unione Europea che in altri Paesi.
Si può inoltrare la richiesta per i seguenti ruoli, in base alla direttiva CE 2005/36, che è stata ratificata in Italia col Decreto Legislativo 206 del 6 novembre 2007:
- Docente di scuola dell’infanzia
- Docente di scuola primaria
- Docente di scuola secondaria di primo grado
- Docente di scuola secondaria superiore
Tutti i passaggi previsti nella domanda, i titoli, le abilitazioni e quant’altro, sono spiegati con dovizia di particolari sul sito istituzionale del MIUR, dove esistono anche fior di tabelle con relativi punteggi. Il percorso per queste richieste è relativamente semplice e non richiede nulla di particolare, se non una certa attenzione a tutti i passaggi. Naturalmente per andare a insegnare all’estero, c’è un requisito fondamentale, vale a dire almeno una conoscenza minima della lingua del Paese dove intendiamo andare a insegnare.
Oppure, in alternativa, almeno una buona conoscenza della lingua inglese, che di per sé, insegnamento a parte, non è mai male e ci permette di girare tutto il mondo senza problemi.